Val di Sella, valle chiusa tra versanti boscosi a circa mille metri di altitudine, distante 6 km di ripide curve da Borgo Valsugana. Praticamente priva di manufatti storici di valore architettonico o comunque artistico, nonché di vedute paesaggistiche degne di menzionarla fra i luoghi di interesse turistico. Tutto questo finché l’operosità e l’ingegno delle genti trentine non vi ha insediato un museo diffuso, portando un luogo praticamente fuori dal mondo al centro del dibattito artistico contemporaneo.
Un centro culturale quindi, non solo una passeggiata artistica, dove una vecchia stalla ristrutturata è divenuta il contenitore per mostre temporanee e concerti, altre piccole strutture accessorie disseminate nei dintorni restaurate e trasformate in biglietteria, info point, book shop, ristori…
Si è sviluppato, nel complesso, quello che possiamo definire un “museo diffuso”, capace di rivitalizzare un territorio profondamente svantaggiato, trasformandolo e riportandolo al centro del mondo.
Un nuovo indotto per l’economia locale, che vede arrivare sempre nuovi turisti attratti dal museo, ma anche un luogo di interesse per la gente del posto, che può godere del variegato calendario di eventi ospitati.
Le opere, che si incontrano ai lati dei sentieri, in una piacevole passeggiata nel sottobosco, giocano sulla mimesi tra natura ed artificio, facendo riflettere sul delicato equilibrio che separa l’uomo dall’animale. Un tronco scolpito che si eleva come un delicato filo d’erba tra gli alberi, una spirale di listelli che attrae come un rifugio per poi disorientare in una inversione di piani, un tronco bucherellato che serpeggia inquietante tra le foglie….e dopo questi molti altre sculture che appaiono ironiche o inquietanti, a farci esperire dimensioni diverse da quelle rassicuranti delle costruzioni cui siamo abituati.
Per culminare nell’imponente cattedrale vegetale, un colonnato di piante ad alto fusto che mimano la spazialità di una basilica e che, una volta completata la loro crescita, daranno vita a frondose volte a chiudere il cielo. Molti, nella storia dell’arte e dell’architettura, avevano descritto e disegnato progetti similari.
Tutti ci riportano ad un interrogativo fondamentale, antico ed insieme profondamente attuale:
La natura come mimesi o come ancestrale memoria di un paradiso perduto?